Storia dell’Ordine dei Farmacisti della provincia di Torino
Nel 1910 per la mancanza di una Legge regolante l’esercizio professionale, sorsero gli ORDINI SANITARI PROVINCIALI, come Organi voluti e dal Governo e dalle categorie professionali, indispensabili per la tutela dei diritti dei singoli ed a garanzia dovuta allo Stato, della efficienza e regolarità di funzionamento di servizi così delicati, quali quelli Farmaceutici, Medici e Veterinari. La Legge, portante il n. 455 e la data del 10 luglio 1910, istituì pure i Consigli preposti all’amministrazione degli Ordini, i quali dovevano:
a) provvedere alla formazione (mantenendolo sempre aggiornato) dell’elenco dei professionisti che esercitavano nella Provincia, con tutti i dati che li riguardavano (Albo Professionale)
b) sorvegliare, in determinate forme, l’attività dei singoli (Disciplina degli Iscritti agli Albi). Questi Consigli che, nel loro seno, eleggevano un Presidente, un Segretario ed un Tesoriere dovevano collaborare con le Prefetture ed i Comuni nel campo di loro stretta pertinenza. La Legge costitutiva non faceva alcun cenno ad Organismi Centrali Federativi degli Ordine. Furono i Presidenti di questi ed i Presidenti delle varie Associazioni sino allora esistenti, che, riuniti a Napoli crearono, il 12 Ottobre 1912, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (F.O.F.I.) esattamente una settimana dopo la costituzione dell’Aja della Federation Internazionale Pharmaceutique (F.I.P.). Nel 1927, il Governo dichiarò la decadenza della F.O.F.I. che mai aveva voluto riconoscere ufficialmente, sostituendola, come Organismo Centrale di Categoria, con il Sindacato Nazionale dei Farmacisti.
Infine, con il D.L. n.184 in data 5 marzo 1935, gli Ordini Sanitari furono soppressi e tutte le funzioni spettanti ai Consigli degli Ordini stessi (prime fra tutti, la tenuta degli Albi e la disciplina degli iscritti) vennero affidate ai Segretari dei Sindacati Provinciali di Categoria. Quando cessò lo “stato di guerra” (15 Ottobre 1946) in quasi tutte le Province i Sindacati erano già stati sciolti e sostituiti nuovamente con gli Ordine ricostituiti mediante libere elezioni effettuate, però, con una legge (n. 455 del 10 luglio 1910) nulla, in quanto abolita con D.L. del 1935 sopra riportato. Il D.L. del Capo Provvisorio dello Stato (On. De Nicola) n. 233 del 13 settembre 1946 sulla “Ricostruzione degli Ordini delle Professioni Sanitarie e per la Disciplina del Esercizio delle Professioni Stesse” sanò la situazione, rinviando le prime elezioni “regolari” al tempo (massimo) di due mesi dopo l’entrata in vigore del “Regolamento esecutivo del D.L. 1946”. Regolamento, che però, uscì soltanto quattro anni dopo (5 aprile 1950 – D.P.R. n. 221). La legge del 1946 è stata integrata varie volte, negli anni successivi, e, di pari passo, il Regolamento di esecuzione del 1950 è stato modificato. In ogni provincia sono costituititi gli Ordini dei Farmacisti, dei Medici Chirurghi, ed Odontoiatri e dei Veterinari (professioni sanitarie) e di Collegi delle Ostetriche, delle Infermiere Professionali (diplomate), delle Assistenti Sanitarie Visitatrici e delle Vigilatrici d’Infanzia (professioni sanitarie “ausiliarie”). Ciascuno degli Ordini e Collegi elegge, in assemblea, tra gli iscritti all’Albo “a maggioranza relativa ed a scrutinio segreto”, il Consiglio Direttivo che è composto da cinque membri se gli iscritti all’Albo non superano i cento, da sette se superano i cento ma non i cinquecento, da nove se superano i cinquecento ma non i mille e cinquecento, da quindici se superano i mille e cinquecento (e questo è il caso di Torino, Milano, Roma e Napoli). I componenti il Consiglio durano in carica tre anni e l’Assemblea per la loro elezione deve essere convocata “entro il mese di novembre dell’anno in cui il Consiglio scade”. Ogni Consiglio “elegge nel proprio seno” un Presidente, un Vicepresidente, un Tesoriere ed un Segretario: il Presidente ha la rappresentanza dell’Ordine, di cui convoca e presiede il Consiglio Direttivo e le Assemblee degli iscritti; il Vicepresidente lo sostituisce in caso di assenza e disimpegna le funzioni a lui “eventualmente” delegate dal Presidente. Il Consiglio entro limiti strettamente necessari a coprire le spese dell’Ordine, stabilisce una tassa annuale per l’iscrizione all’Albo, nonché una tassa per il rilascio dei certificati e dei pareri. La cancellazione dall’Albo è pronunciata dal Consiglio Direttivo d’ufficio o su richiesta dell’autorità sanitaria e del Procuratore della Repubblica, nei casi di:
– perdita della cittadinanza italiana o del godimento dei diritti civili;
– trasferimento all’estero della residenza dell’iscritto;
– rinuncia all’iscrizione;
– morosità nel pagamento dei contributi. Gli ordini sono riuniti in Federazione nazionale con sede a Roma (F.O.F.I. – Via Palestro 75) diretta da un “Comitato Centrale” (C.C.) composto da tredici membri eletti dai Presidenti degli Ordini, riuniti in Consiglio Nazionale (C.N.), “non oltre il mese di marzo dell’anno successivo all’elezione dei Presidenti e Consigli degli Ordini” tra gli iscritti agli Albi, a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto. Ciascun Presidente dispone di un voto per ogni duecento iscritti e frazione di duecento iscritti all’Albo Provinciale. Al Comitato Centrale della F.O.F.I. spettano le seguenti attribuzioni:
a) vigilare “sul Piano nazionale” alla conservazione del decoro e della indipendenza della professione;
b) coordinare e promuovere l’attività degli Ordini anche in campo culturale;
c) designare i rappresentanti della F.O.F.I. presso Commissioni, Enti ed Organizzazioni “di carattere interprovinciale o nazionale”;
d) dare il proprio concorso alle Autorità centrali, nello studio e nella attuazione del provvedimento che comunque possano interessare gli Ordini;
e) dare direttive di massima agli Ordini per le risoluzioni delle controversie in campo provinciale;
f) esercitare il potere disciplinare nei confronti “dei componenti dei Consigli Direttivi degli Ordini”. A proposito di questo Potere Disciplinare che il Consiglio dell’Ordine deve esercitare nei confronti degli iscritti all’Albo che si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio professionale, o comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale ed il Comitato Centrale, nei confronti dei componenti direttivi degli Ordini, per gli stessi motivi, è necessario notare come si tratti di un problema oltremodo delicato, in quanto le sanzioni disciplinari alle quali l’iscritto all’Albo può andare incontro sono le seguenti:
1) l’avvertimento che consiste nel diffidare il colpevole a non ricadere nella mancanza commessa;
2) la censura, che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa;
3) la sospensione dall’esercizio professionale per la durata da “uno a sei mesi” (non sono ammessi altri limiti di tempo);
4) la radiazione dall’Albo (da non confondersi con la cancellazione, già presa in considerazione); si tratta, in questo caso, di un allontanamento a titolo infamante, tanto è vero che la Legge insiste su questo punto, così esprimendosi: la radiazione è pronunziata contro l’iscritto che, con la sua condotta abbia “compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della Classe Sanitaria”. Occorrono almeno cinque anni di buona anzi irreprensibile condotta del radiato, perché il Consiglio possa riprendere in considerazione una domanda sua di reiscrizione all’Albo che, se accettata, non consente però, all’interessato, di riacquistare l’anzianità di iscrizione che, prima della radiazione aveva assunto. Tutte le formalità e procedure sopra accennate, in merito alle sanzioni disciplinari, sono eliminate e sostituite da un semplice atto d’ufficio in alcuni casi: così il Consiglio pronunzia la radiazione all’Albo, sic et simpliciter, prendendo atto che il Collega è stato condannato dalla Giustizia in via definitiva:
a) per commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti;
b) per istigazione all’aborto o per atti abortivi su donna incinta o ritenuta incinta;
c) per ogni altro delitto (non colposo) per il quale la Legge commini un minimo di pena non inferiore a due anni ed un massimo non inferiore a cinque, di reclusione. Il sanitario che abbia a carico un procedimento penale, è sottoposto a giudizio disciplinare per il medesimo fatto imputatogli anche se poi assolto “per insufficienza di prove”. Il sanitario, a carico del quale il Consiglio dell’Ordine ha preso un provvedimento disciplinare può ricorrere, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento stesso, alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni sanitarie: il ricorso ha effetto sospensivo della sanzione disciplinare, salvo i casi contemplati ai punti a) b) e c) sopra accennati, portanti alla radiazione dall’Albo. Gli iscritti all’Albo sono tenuti anche all’iscrizione ed al pagamento dei relativi contributi all’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Farmacisti (E.N.P.A.F. – viale Pasteur 49, Roma).
La misura del contributo annuo è fissato dal Consiglio dell’E.N.P.A.F., d’accordo con il Consiglio Nazionale (C. N.) della Federazione degli Ordini (F.O.F.I.).