PUBBLICITÀ IN FARMACIA: LIMITI E POSSIBILITÀ

    Concorrenza e liberalizzazione, com’è ormai risaputo, sono attualmente considerati valori da salvaguardare anche nell’ambito della professione farmaceutica: implementano la competitività nel settore e spingono i farmacisti ad offrire un servizio pubblico di qualità sempre maggiore. C’è però un risvolto della medaglia: in taluni casi lo sforzo competitivo porta i professionisti a concentrarsi unicamente sull’obiettivo di imporsi sul mercato, trascurando le norme di legge e quelle deontologiche. Questo è ciò che talvolta avviene per quanto riguarda l’attività promozionale che il farmacista compie con riferimento alla propria farmacia.
Il terreno è scivoloso, perché la promozione dell’esercizio farmaceutico può facilmente trasformarsi nella promozione (ossia nella pubblicità) dei medicinali e delle sostanze che lo stesso esercizio farmaceutico commercializza. Occorre quindi che il farmacista tenga presente che la promozione / pubblicità dei medicinali (rectius: dei soli medicinali per i quali la pubblicità è consentita, vale a dire parafarmaci, “SOP” e “OTC”) è soggetta alle regole rigidissime dettate – a livello europeo – dalla Direttiva 2001/83/CE (articoli 86-100) e – a livello nazionale – dal Testo Unico del Farmaco (articoli 113-128). Tali regole sono finalizzate a salvaguardare la salute dei cittadini, ad impedire gli abusi e a fare in modo che il pubblico non percepisca l’assunzione del medicinale come una comoda alternativa alla visita medica.
Oltre a ciò, va poi considerato l’aspetto deontologico della questione. Il farmacista, pur imprenditore, è un professionista che eroga un servizio pubblico alla collettività e che non deve quindi mai dimenticare che l’attività promozionale da esso svolta deve assumere la forma e la sostanza di una  “comunicazione veritiera e corretta, realizzata come servizio per l’informazione al pubblico” (così impone l’art. 21 del Codice Deontologico).
Insomma, l’ambito della pubblicità e della promozione al pubblico è uno dei tanti nodi che rivela la doppia anima della professione farmaceutica, ossia l’anima commerciale e quella di servizio pubblico sanitario in senso stretto. Sta ai singoli farmacisti, nonché al Consiglio dell’Ordine di appartenenza (deputato alla vigilanza e al controllo sulle corrette modalità di esercizio della professione), fare in modo che queste due anime possano legittimamente convivere, senza che il prevalere dell’ottica imprenditoriale vada – in ultima istanza – a ledere il diritto dei cittadini ad essere informati in maniera corretta e non ingannevole.

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