CROCE VERDE: CHIAREZZA AL PRIMO SGUARDO

È noto l’obbligo per le farmacie di esporre all’esterno dell’esercizio un’insegna a forma di croce di colore verde. Si tratta di un obbligo normativamente imposto, da un lato, dall’art. 5 del d.lgs. 153/2009 e, dall’altro lato, dall’art. 25 del Codice deontologico del farmacista. La legge regionale del Piemonte n. 21/1991 stabilisce poi che questa insegna esterna a forma di croce debba essere luminosa, fissata “a bandiera” e che la croce sia infine racchiusa in un cerchio di diametro superiore ai 70 cm.

Le moderne tecnologie offrono da qualche tempo la possibilità di utilizzare queste insegne a forma di croce quali “supporti digitali”, per fornire all’utenza alcune informazioni utili: la data, l’orario, la temperatura, l’avviso “chiuso/aperto”. Fin qui nulla di male. In questo caso infatti la scopo e le caratteristiche della croce verde vengono preservati: le informazioni utili “passano” sul supporto della croce senza alterare il colore verde e, soprattutto, senza incidere negativamente sull’essenziale funzione che essa ha: segnalare la presenza della sede farmaceutica.

La questione si pone però in termini diversi qualora il supporto digitale dell’insegna a forma di croce venga utilizzato non già per fornire informazioni utili, bensì quale “schermo” per reclamizzare prodotti o servizi offerti dalla farmacia. Invero, l’utilizzo della croce come schermo pubblicitario solleva due ordini di problemi.

In primo luogo, si può dubitare del fatto che una croce utilizzata come schermo, su cui passano messaggi o filmati pubblicitari, sia realmente rispettosa delle prescrizioni normative e deontologiche che impongono all’insegna inequivocabili caratteristiche di colore e di luminosità, al fine di determinare la visibilità e l’immediata individuazione della sede farmaceutica da parte dell’utenza. Pertanto, per l’ambiguità dell’utilizzo l’insegna, divenuta così “pannello pubblicitario”, potrebbe comportare conseguenze sanzionatorie sia sotto il profilo amministrativo (in caso di ispezione da parte delle competenti Autorità), sia sotto il profilo deontologico.

In secondo luogo, l’utilizzo della croce verde quale strumento per pubblicizzare prodotti e servizi potrebbe integrare una violazione delle norme dettate dal legislatore nazionale e dagli enti locali in materia di imposte pubblicitarie. È noto infatti che la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive (quale è quella della “reclame” sulla croce) è soggetta all’imposta sulla pubblicità. Ragion per cui la croce “reclamizzante” dovrebbe considerarsi assoggettata a questa imposta. Il fatto è però che molte farmacie – basandosi sull’assunto per cui la croce “reclamizzante” andrebbe considerata come un’insegna di esercizio – ritengono di poter fruire dell’esenzione dal pagamento che le norme prevedono, appunto, per le insegne degli esercizi commerciali. Esenzione che però non pare potersi applicare (ed è proprio qui che sta la violazione delle norme di riferimento) alle croci “reclamizzanti”, che pacificamente costituiscono comunicazioni visive finalizzate a diffondere messaggi pubblicitari. Si ricorda che anche questa violazione delle norme sulle imposte pubblicitarie è sanzionata in via amministrativa, con la previsione di pene pecuniarie per i trasgressori.

In questo contesto normativo, la soluzione che sembra adatta a contemperare – da un lato – la necessità di rispettare le disposizioni dettate in materia di croci verdi di esercizio e – dall’altro lato – l’esigenza di rendere note al pubblico le iniziative commerciali della farmacia, è quella di tenere nettamente separate “l’insegna a forma di croce” e “la pubblicità” (come infatti già avviene nel caso di molte farmacie): nel senso di utilizzare la croce verde solo e soltanto come insegna di esercizio (con funzione di individuazione della sede farmaceutica e perciò sottratta al regime dell’imposta sulla pubblicità) e di utilizzare un altro e diverso supporto (vuoi la seconda croce, vuoi anche eventualmente uno schermo, comunque soggetto all’imposta sulla pubblicità) per la diffusione di messaggi reclamizzanti.

Solo così sarà possibile evitare il rischio di incorrere nella violazione di norme e, di conseguenza, nell’irrogazione di sanzioni.

print